SUCCESSIONE - TESTAMENTO - INTERPRETAZIONE - Cass. civ. Sez. II Ord., 07-05-2018, n. 10882

SUCCESSIONE - TESTAMENTO - INTERPRETAZIONE - Cass. civ. Sez. II Ord., 07-05-2018, n. 10882

L'interpretazione del testamento, cui in linea di principio sono applicabili le regole di ermeneutica dettate dal codice in tema di contratti, con la sola eccezione di quelle incompatibili con la natura di atto unilaterale non recettizio del negozio "mortis causa", è caratterizzata, rispetto a quella contrattuale, da una più penetrante ricerca, aldilà della dichiarazione, della volontà del testatore, la quale, alla stregua dell'art. 1362 c.c., va individuata con riferimento ad elementi intrinseci alla scheda testamentaria, sulla base dell'esame globale della scheda stessa e non di ciascuna singola disposizione. Tuttavia, ove dal testo dell'atto non emergano con certezza l'effettiva intenzione del "de cuius" e la portata della disposizione, il giudice può fare ricorso ad elementi estrinseci al testamento, ma pur sempre riferibili al testatore, quali, ad esempio, la personalità dello stesso, la sua mentalità, cultura o condizione sociale o il suo ambiente di vita.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina - Presidente -

Dott. BELLINI Ubaldo - Consigliere -

Dott. TEDESCO Giuseppe - Consigliere -

Dott. GIANNACCARI Rossana - Consigliere -

Dott. DONGIACOMO Giuseppe - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22833/2014 proposto da:

F.C., elettivamente domiciliato a ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI, 5, presso lo studio dell'Avvocato EMANUELE COGLITORE che, unitamente all'Avvocato LAURA CASASCHI, lo rappresenta e difende per procura speciale a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

S.C.M. e M.P., quali eredi di S.A., elettivamente domiciliati a Roma, via Avezzana 31, presso lo studio dell'Avvocato ALESSANDRA FLAUTI, che, unitamente all'Avvocato MARIA PISTORIO, li rappresenta e difende per procura speciale a margine del controricorso;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 1873/2014 della CORTE D'APPELLO DI MILANO, depositata il 21/5/2014;

udita la relazione della causa svolta nella caMera di consiglio non partecipata del 23/02/2018 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO;

lette le conclusioni del Pubbli Ministero, in persona del Sostituto Procuratore della Repubblica, Dott. CAPASSO Lucio, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Vigevano, con sentenza del 2013, ha rigettato la domanda con la quale F.C., coniuge di C.L., ha chiesto di accertare che, con l'ultimo testamento del 5/11/1993, quest'ultima ha inteso attribuire ad S.A., a titolo di legato, la nuda proprietà della sola casa coniugale, sita a (OMISSIS) e censita in catasto al f. (OMISSIS), p. (OMISSIS), spettando il resto del compendio al marito quale erede universale.

Il tribunale, infatti, ha ritenuto che la volontà della de cuius di attribuire la nuda proprietà dell'intero compendio immobiliare sito tra via (OMISSIS), via (OMISSIS) e (OMISSIS), emerga dall'interpretazione letterale della scheda testamentaria, contenente indicazioni inconciliabili con l'individuazione di un singolo appartamento, e da un confronto con il linguaggio utilizzato nel precedente testamento del 26/6/1987, che individua la casa coniugale con le parole "appartamento abitato attualmente da me e da mio marito".

F.C. ha proposto appello, contestando al tribunale di non aver utilizzato tutti gli elementi a disposizione per ricercare la volontà della de cuius ed, in particolare, di non aver considerato che il secondo testamento, con il quale F.C. è stato nominato erede universale, manifesta la volontà di C.L. di modificare, riducendola, le precedenti disposizioni del 1987, con il quale aveva voluto lasciare tutti i suoi beni immobili alla mancata nuora, e di aver tratto erronee conclusioni dalla consulenza tecnica d'ufficio, che ha considerato il compendio immobiliare come un blocco unico ed inscindibile, laddove la casa coniugale ha una sua autonomia architettonica, sottolineando, da un lato, che un insieme di appartamenti, negozi e autorimesse non può essere definito casa, e, dall'altro, che l'unico lotto che ha ubicazione in (OMISSIS), al civico (OMISSIS), un accesso a via (OMISSIS) e prospetta su via (OMISSIS) è proprio l'appartamento oggetto del legato.

Hanno resistito al gravame S.C.M. e M.P., chiedendo che ne fosse dichiarata l'inammissibilità o l'infondatezza.

La corte d'appello di Milano, con sentenza depositata il 21/5/2014, ha rigettato l'appello ed ha, per l'effetto, confermato la sentenza impugnata.

La corte, in particolare, dopo aver riportato il contenuto del testamento olografo del 5/11/1993 ("Lascio la mia eredità a mio marito. Lego la mia casa in (OMISSIS) fra la via (OMISSIS), il corso (OMISSIS) e la (OMISSIS) alla cara S.A. - Gravata da usufrutto sempre a favore di mio marito") e del precedente testamento del 26/6/1987 ("... per espressa volontà lascio tutta la proprietà a me intestata... alla mia mancata nuora: S.A.... l'appartamento abitato attualmente da me da mio marito lo lascio in usufrutto a mio marito; ma alla sua morte deve venire in proprietà: S.A...."), ha evidenziato che il consulente tecnico di ufficio, incaricato di descrivere e di valutare gli immobili oggetto di causa, indicandone la consistenza al momento del testamento, ha accertato che: - si tratta di un unico fabbricato di tre piani fuori terra, comprendente undici unità (a piano terra cinque negozi ed un'autorimessa, al 1^ piano tre abitazioni, al 2^ piano due abitazioni, al piano sottotetto locali ad uso accessori); - la attuale consistenza del fabbricato è dovuta ad ampliamenti, ristrutturazioni ed interventi in tempi e tecniche diverse; - l'intero edificio confina a nord con via (OMISSIS), ad est con corso (OMISSIS), a sud con il (OMISSIS) ed ad ovest con l'immobile parrocchiale; - l'accesso alle varie unità avviene: per i negozi, dalla strada antistante (via (OMISSIS) o via (OMISSIS)); per gli appartamenti al primo piano, da detto vicolo accedendo a un cortile comune e, quindi, ad un ballatoio comune; per gli appartamenti al secondo piano, da via (OMISSIS). La corte, quindi, ha ritenuto che tale accertamento "contraddice l'assunto dell'appellante che il solo lotto identificabile con le indicazioni contenute nel testamento in esame sia l'appartamento coniugale".

La corte, inoltre, dopo aver rilevato che l'asse ereditario comprendeva, oltre ai predetti beni, ulteriori immobili in (OMISSIS) e a (OMISSIS), obbligazioni e somme di denaro, ha ritenuto che, sulla scorta di tali elementi oggettivi, la volontà della de cuius sia stata correttamente interpretata dal tribunale: ed infatti, premesso che nell'interpretare un testamento si deve valutare, in modo congiunto e coordinato, l'elemento letterale e quello logico, la corte ha rilevato come, "sotto il primo profilo,... il dato testuale evidenzia che C.L. ha indicato quale oggetto del legato "la mia casa" individuata con riferimento alle strade che la delimitano (via (OMISSIS), Corso (OMISSIS) e (OMISSIS)),... il termine "casa" individua innanzi tutto un(a) costruzione a uno o più piani adibita ad abitazione per uno o più nuclei familiari e che tale significato nella specie è reso ancor più evidente dal fatto che subito dopo ne vengono precisati i confini, indicazione che risulterebbe del tutto anomala e inusuale per individuare una singola unità abitativa di norma identificabile con il solo numero civico e, al più, l'indicazione del piano;... in altri termini l'obiettivo significato delle parole usate sta a indicare l'edificio unitariamente inteso racchiuso tra i predetti confini e, dunque, il fabbricato multipiano non scindibile descritto dal CTU composto da undici unità (un'autorimessa, 5 negozi al piano terra e 5 appartamenti al piano primo e secondo)". E tale interpretazione, ha osservato la corte, "è confortata anche dal confronto con le espressioni usate nel primo testamento del 1987 in cui per individuare la propria abitazione C.L. parla di "appartamento" enucleandolo da tutti gli altri beni ("tutta la proprità a me intestata") che intendeva lasciare ad S.A. quale propria erede universale".

Anche sotto il secondo profilo, ha aggiunto la corte, non si rinvengono incongruenze: "... indubbiamente la de cuius con il secondo testamento ha manifestato la volontà di modificare, riducendole, le precedenti disposizioni in favore di S.A.". Ed infatti, "mentre nel 1987 l'aveva instituita erede universale dei suoi beni, lasciando al marito il solo usufrutto dell'appartamento coniugale, nel 1993, attenuandosi nel tempo, ma non venuto meno il legame affettivo con la mancata nuora, ha nominato, invece, quale erede il marito e ha legato la nuda proprietà dell'immobile come sopra identificato "alla cara A." ( S.), riservando sempre al marito il diritto di usufrutto su di esso... in tal modo ha praticamente invertito la posizione di F.C. e S.A., posto che il primo è diventato erede di tutti i beni mobili e immobili della moglie... fatta eccezione per l'edificio in contestazione, su cui per altro ha acquisito il diritto di usufrutto, la seconda legataria della nuda proprietà di detto edificio". Tale significativa modifica è ampiamente riduttiva, ha aggiunto la corte, della precedenti disposizioni e ben realizza, senza alcuna contraddizione, la sopraindicata volontà della de cuius, che ha beneficiato la S. di un solo, ancorchè consistente, bene immobile limitatamente alla nuda proprietà.

F.C., con ricorso notificato il 24.30/9/2014, ha proposto, per un motivo, la cassazione della sentenza della corte d'appello, notificata l'11/6/2014.

Hanno resistito, con controricorso notificato il 29.30/10/2014, S.C.M. e M.P., quali eredi di S.A..

F.C. ha depositato memoria.

Motivi della decisione

1.Con un unico articolato motivo, il ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione degli artt. 587 e 1362 c.c. e segg., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d'appello, anche alla luce di quanto la de cuius aveva scritto nel precedente testamento del 26/6/1987, ha interpretato il testamento di C.L. del 5/11/1993 nel senso il legato ivi attribuito alla S. comprenda l'intero fabbricato sito in (OMISSIS), tra la via (OMISSIS), il corso (OMISSIS) e la (OMISSIS), laddove, al contrario, la ricostruzione della volontà testamentaria mediante il ricorso ad elementi estrinseci è, nel caso di specie, preclusa dalla chiarezza e dalla limpidezza del testo, estramentente sintetico e di agevole comprensione, della scheda del 1993, con il quale la testatrice, da un lato, ha istituito erede il marito, beneficiandolo dell'intero asse ereditario, senza ulteriori specificazioni o limitazioni, e, dall'altra, ha disposto un legato in favore di S.A., indicando, quale suo oggetto, la "mia casa", vale a dire la sua casa di abitazione e non l'intero complesso immobiliare di (OMISSIS), composto da palazzine tra loro separate ed autonome, con ingressi ed accessi non comunicanti e comprensivo di sei locali commerciali, garages ed appartamenti locati a terzi difficilmente qualificabili come "la mia casa" e tale da vanificare quasi del tutto il lascito in favore del marito, sicchè, ha aggiunto il ricorrente, l'unica conclusione possibile dal punto di vista letterale è che la locuzione utilizzata dalla testatrice sia stata adoperata per indicare l'abitazione personale sua e del marito che ha costituito, quindi, l'oggetto del legato, con esclusione di ogni altro bene, compreso, invece, nell'eredità devoluta al marito. D'altra parte, ha aggiunto il ricorrente, pur a voler accedere all'opzione ermeneutica per la quale occorre fare un raffronto tra la scheda testamentaria del 1987 e quella del 1993, la sentenza impugnata è pervenuta a conclusioni che, non essendo conformi al tenore letterale dei due testi, violano i criteri interpretativi stabiliti dall'art. 1362 c.c., posto che tanto il testamento del 1993, quanto quello del 1987, non hanno modificato l'oggetto della disposizione a titolo particolare e rendono evidente, senza che la corte d'appello si curi di offrire una motivazione sul punto, la volontà della de cuius di enucleare la casa coniugale dal resto del compendio relitto, assegnando a tale bene una sorte differenziata.

2. Il motivo è infondato. Secondo l'insegnamento di questa Corte, nell'interpretazione del testamento il giudice deve accertare, secondo il principio generale di ermeneutica enunciato dall'art. 1362 c.c., applicabile, con gli opportuni adattamenti, anche in materia testamentaria, quale sia stata l'effettiva volontà del testatore comunque espressa, considerando congiuntamente, e in modo coordinato, l'elemento letterale e quello logico dell'atto unilaterale mortis causa, salvaguardando il rispetto, in materia, del principio di conservazione del testamento. Tale attività interpretativa del giudice del merito, se compiuta alla stregua dei suddetti criteri e con ragionamento immune da vizi logici, non è censurabile in sede di legittimità (Cass. 23393 del 2017, in motiv.; in senso conf., Cass. n. 23278 del 2013, per la quale, nell'interpretazione del testamento, il giudice di merito deve accertare, secondo il principio generale di ermeneutica enunciato dall'art. 1362 c.c., - applicabile, con gli opportuni adattamenti, anche in materia testamentaria - quale sia stata l'effettiva volontà del testatore comunque espressa, considerando congiuntamente ed in modo coordinato l'elemento letterale e quello logico dell'atto unilaterale mortis causa). L'accertamento della volontà del testatore si risolve, infatti, in una indagine di fatto da parte del giudice di merito sindacabile in sede di legittimità solo per violazione delle regole di ermeneutica dettate dal codice civile in tema di contratti (applicabili al testamento con la sola eccezione di quelle incompatibili con la natura di atto unilaterale non recettizio del negozio mortis causa) nonchè per vizi logici e giuridici attinenti alla motivazione (Cass. 5604 del 2001). Costituisce, in effetti, principio di diritto del tutto consolidato presso questa Corte quello per cui, con riguardo all'interpretazione del contenuto di una convenzione negoziale adottata dal giudice di merito, l'invocato sindacato di legittimità non può avere ad oggetto la ricostruzione della volontà delle parti (Cass. n. 7927/2017, in motiv.): l'indagine ermeneutica, è, in fatto, riservata al giudice di merito e può essere censurata in sede di legittimità solo per inadeguatezza della motivazione, nei limiti in cui, trattandosi di sentenza depositata dopo 1'11/9/2012, è sindacabile ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, ovvero per violazione delle relative regole di interpretazione (Cass. n. 2465/2015, in motiv.; Cass. n. 7927/2017, in motiv.). Nel caso di specie, come visto, la corte d'appello ha individuato la volontà del testatore sulla base dell'interpretazione letterale e coordinata delle disposizioni contenute nella scheda testamentaria del 1993 ("Lascio la mia eredità a mio marito. Lego la mia casa in (OMISSIS) fra la via (OMISSIS), il corso (OMISSIS) e la (OMISSIS) alla cara S.A. - Gravata da usufrutto sempre a favore di mio marito") ed, a fronte della perdurante incertezza in ordine alla corretta determinazione della volontà della de cuius nella parte in cui ha disposto l'attribuzione, a titolo di legato, della sua "casa" in favore della S., ha fatto riferimento, quale elemento estrinseco, al testamento del 1987 ("... per espressa volontà lascio tutta la proprietà a me intestata... alla mia mancata nuora: S.A.... l'appartamento abitato attualmente da me da mio marito lo lascio in usufrutto a mio marito; ma alla sua morte deve venire in proprietà: S.A...."). In effetti, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, l'interpretazione del testamento, cui in linea di principio sono applicabili le regole di ermeneutica dettate dal codice in tema di contratti, con la sola eccezione di quelle incompatibili con la natura di atto unilaterale non recettizio del negozio mortis causa, è caratterizzata rispetto a quella contrattuale da un più penetrante ricerca, aldilà della dichiarazione, della volontà del testatore, la quale, alla stregua dell'art. 1362 c.c., va individuatq, con riferimento ad elementi intrinseci alla scheda testamentaria, sulla base dell'esame globale della scheda stessa e non di ciascuna singola disposizione. Tuttavia, ove dal testo dell'atto non emerga con certezza l'effettiva intenzione del de cuius e la portata della disposizione, il giudice può fare ricorso ad elementi estrinseci al testamento, ma pur sempre riferibili al testatore (compreso un precedente testamento revocato: Cass. n. 275 del 1981), quali ad esempio la personalità dello stesso, la sua mentalità, cultura, condizione sociale, ambiente di vita, ecc. (Cass. 5604 del 2001; Cass. n. 8668 del 1990). E così, per ciò che riguarda "... il primo profilo,...", la corte d'appello ha rilevato come "... il dato testuale evidenzia che Liliana Carpani ha indicato quale oggetto del legato "la mia casa" individuata con riferimento alle strade che la delimitano (via (OMISSIS), Corso (OMISSIS) e (OMISSIS)),... il termine "casa" individua innanzi tutto un(a) costruzione a uno o più piani adibita ad abitazione per uno o più nuclei familiari e che tale significato nella specie è reso ancor più evidente dal fatto che subito dopo ne vengono precisati i confini, indicazione che risulterebbe del tutto anomala e inusuale per individuare una singola unità abitativa di norma identificabile con il solo numero civico e, al più, l'indicazione del piano;... in altri termini l'obiettivo significato delle parole usate sta a indicare l'edificio unitariamente inteso racchiuso tra i predetti confini e, dunque, il fabbricato multipiano non scindibile descritto dal CTU composto da undici unità (un'autorimessa, 5 negozi al piano terra e 5 appartamenti al piano primo e secondo)". E tale interpretazione, ha aggiunto la corte, "è confortata anche dal confronto con le espressioni usate nel primo testamento del 1987 in cui per individuare la propria abitazione C.L. parla di "appartamento" enucleandolo da tutti gli altri beni ("tutta la proprità a me intestatà) che intendeva lasciare ad S.A. quale propria erede universale". Si tratta, come è evidente, di un'interpretazione che, in modo logico e coerente, risulta senz'altro rispettosa delle norme che, come visto,. presiedono il procedimento interpretativo del testamento. Del resto, "per sottrarsi al sindacato di legittimità, l'interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto non deve essere l'unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicchè, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l'interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l'altra" (Cass. 27136 del 2017, in motiv.; Cass. n. 6125 del 2014; Cass. n. 16254/2012; Cass. n. 24539 del 2009).

3. Il motivo, in definitiva, è, nel suo complesso, infondato.

4. Il ricorso, per l'infondatezza di tutti i motivi formulati, dev'essere, quindi, rigettato.

5.Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

6. La Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per l'applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese di lite, che liquida in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre SG per il 15% ed accessori di legge. Dà atto della sussistenza dei presupposti per l'applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 23 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2018


Avv. Francesco Botta

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